Contest: proposta 2

Nel 1963, Italo Calvino pubblica “La giornata di uno scrutatore”. Il testo, seppur breve, è volutamente intenso. In un solo giorno, quello delle elezioni, al protagonista (scrutatore in una sezione elettorale a Torino) succedono i più disparati avvenimenti. Calvino tocca molti temi: l’infelicità di natura, il dolore, la responsabilità della procreazione, arrivando a criticare duramente il sistema sanitario ed elettorale, assieme ai partiti dell’epoca. Alla fine della sua giornata, lo scrutatore sarà una persona diversa rispetto a come si era svegliato al mattino.

Poco dopo aver cominciato a lavorare alla Camera dei Deputati come assistente di un’onorevole, mi sono reso conto che il testo di Calvino era perfetto per descrivere le sensazioni che un lavoro multiforme come il collaboratore parlamentare porta a vivere.

Infatti, per la varietà di situazioni che ci si trova ad affrontare, avere l’onore (e l’onere) di osservare da dentro il processo legislativo, e tutto quel che ruota attorno ad esso, è il miglior antidoto al qualunquismo e ad una visione semplificata della realtà. Come lo scrutatore di Torino, si arriva a fine giornata sempre un po’ diversi da come la si era cominciata.

Cercare la descrizione di una “giornata tipo” presuppone una regolarità nello svolgimento di determinate azioni. Tuttavia, come le Camere sono lo specchio della multiforme realtà del Paese, lo stesso vale per chi, nel retrobottega del Parlamento, contribuisce a farlo funzionare. Infatti, il lavoro collaboratore dipende molto dalla personalità del parlamentare cui ci si affianca. C’è chi è fisso a Roma, e lavora solo su determinati temi. C’è chi segue il proprio capo dappertutto, anche in trasferta. C’è chi divide i compiti con uno staff strutturato, e c’è chi fa tutto da solo.

Personalmente, mi divido fra Roma ed il collegio d’elezione, che è anche la mia città natale. Così facendo, ho avuto modo di scoprire realtà sociali ed economiche che probabilmente mai avrei in altro modo incrociato nella mia vita. Perché la politica, in senso lato, è soprattutto questo: incontro ed ascolto della realtà, per provare ad operare in essa. Solo in questo modo si può comprendere che ricette miracolose non esistono, e che l’Italia è varia quanto complessa.

Per cercare di governare tale complessità, si muovono tante persone, mosse da spirito di servizio, spesso facendo una vita sacrificata, perché, per quanto incredibile possa sembrare, la maggior parte dei parlamentari è lontana dai riflettori, e viaggia e lavora instancabilmente fra Roma ed i propri collegi d’elezione. Tale spirito di servizio è individuale, e travalica gli schieramenti, nel tentativo di rimediare alle storture di una legge elettorale che ha voluto un Parlamento di “nominati”, e cercando di riallacciare i fili della rappresentanza politica, in un tempo in cui i corpi intermedi dei partiti sono in crisi.

Ovviamente, come in ogni campo umano, esistono anche le storture: il rapporto capo-dipendente non è sempre lineare e trasparente. Inoltre, si fa un gran parlare di risparmi e tagli orizzontali, ma in realtà sono i regolamenti delle Camere che andrebbero rivisti. L’accesso ai locali è spesso vietato, così come nelle Commissioni, le cui sedute sono raramente trasmesse via streaming. Appare chiaro come il non poter accedere a tutti i locali delle Camere è un controsenso: come si può assistere un parlamentare se non lo si può seguire? Inoltre, l’erogazione dello stipendio è ancora demandato, secondo un bizantino sistema di rimborsi, alla volontà dei singoli parlamentari. Dunque, si deve sperare di imbattersi in persone perbene, che retribuiscano in maniera dignitosa il lavoro di persone qualificate, giovani e meno giovani. Come se non bastasse, la figura del collaboratore parlamentare non è riconosciuta dalla legge: alcuni colleghi sono contrattualizzati con la tipologia di contratto riservata ai baristi. Sia sui regolamenti interni che sulle modalità di contrattualizzazione, avendo lavorato al Parlamento Europeo, mi permetto di affermare che il confronto con l’Europa è impietoso. Per una volta, basterebbe copiare, poiché è intollerabile come, nel cuore del sistema politico italiano, vi siano zone grigie d’ambiguità che mortificano il lavoro di tante persone.

Se l’istituzione non è amica, spesso non lo è neanche la popolazione. Purtroppo, vige un clima di sospetto e di luoghi comuni verso la politica, spesso alimentato da chi, comodamente, siede in quegli stessi consessi. Sarebbe importante invece far arrivare chiaro un messaggio: il buon funzionamento dello Stato è merito non solo di chi lo rappresenta, ma anche di chi aiuta i rappresentanti a lavorare al meglio delle loro capacità.

Far passare un tale messaggio sarebbe un bel finale, degno di un romanzo del miglior Calvino.

 

Roberto Calise